mercoledì 22 dicembre 2010

Libri: Philip K. Dick - La Svastica sul Sole

Titolo originale: The Man in the High Castle
Anno di prima pubblicazione: 1962
Genere: Storia alternativa
Editore: Fanucci Editore
   
Prolifico autore di fantascienza, Philip Kindred Dick è considerato da molti il padre della fantascienza moderna, grazie a classici quali Ma gli Androidi Sognano Pecore Elettriche?, Noi Marziani,  I Simulacri o appunto La Svastica sul Sole.


 Premio Hugo nel 1963, La Svastica sul Sole parte da un apparentemente semplice concetto: la Germania e il Giappone hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale, e a farne le spese sono gli Stati Uniti che, così come la Germania nella realtà storica, sono stati divisi in due parti, ognuna delle quali asservita ad uno dei paesi vincitori.

Dick si ispirò probabilmente ad una serie di documentari propagandistici apparsi nei cinema americani durante la Seconda Guerra Mondiale, Why We Fight, prodotti dallo storico regista Frank Capra, dove venivano mostrate animazioni in cui da Berlino si allargava una macchia d'olio che copriva gran parte del globo. In quei cartoni animati, gli Stati Uniti venivano sommersi a Est dall'espansione nazista e ad ovest dalla marea giapponese.


Il romanzo racconta la storia di alcune pedine minori nell'immenso scacchiere della politica mondiale. Un antiquario, un artigiano, un impiegato giapponese, un ambiguo imprenditore svedese, un'insegnante di judo. Tutto ruota attorno ad un libro, proibito nei paesi asserviti al Reich, che immagina un mondo in cui gli Alleati hanno vinto la guerra, La Cavalletta Non si Alzerà Più (The Grasshoper Lies Heavy), dove non viene raccontata la realtà della Guerra Fredda come la conosce il lettore, ma viene rappresentato un mondo in cui Gran Bretagna e Stati Uniti si sono spartiti il mondo, avviandosi verso un inevitabile conflitto finale.


Ci sono dunque tre livelli: la realtà storica della Guerra Fredda, il mondo immaginato da Dick, in cui Giappone e Germania si avviano verso il conflitto finale, ed il mondo de La Cavalletta. In tutti e tre i mondi il conflitto planetario tra le due grandi superpotenze dominanti è imminente, basti pensare che il libro fu scritto nel 1962, l'anno della crisi missilistica a Cuba. La visione pessimistica di Dick, presente in gran parte dei suoi romanzi, è qui evidente.


Interessanti sono gli stratagemmi con cui lo scrittore riesce a far sì che gli eventi prendano la piega aspettata. Tutti plausibili e per nulla improbabili, come ad esempio il riferimento al fallito attentato a Franklin Delano Roosevelt del 1933, che nel libro avviene realmente e porta gli Stati Uniti in mano a gente stolta e incapace di reagire al disastro di Pearl Harbor (che ne La Cavalletta Roosevelt riesce ad evitare). Dick abbraccia quindi la teoria dei "grandi uomini", secondo la quale costoro determinano le sorti dell'umanità.


Pur essendo un romanzo di grande impatto, che sicuramente, viste le premesse, suscita grande interesse al lettore casuale che sbircia la quarta di copertina, il testo non è privo di difetti. Innanzitutto non ha un vero finale (si mormora che Dick avesse in mente di scrivere un seguito, che poi non venne mai pubblicato) che chiude il cerchio: vengono risolte molte sottotrame, ma non tutte. In secondo luogo, lo scorrere degli eventi è lento, e questo non favorisce una fruizione immediata del romanzo. Infine, c'è una visione antistorica e idealizzata dei dominatori giapponesi della costa ovest, visti come fanatici, ma pressoché innocui: una visione che trascura la ferocia dell'esercito imperiale giapponese, che non aveva alcuna pietà dei popoli asiatici conquistati durante la guerra. Una visione, questa, probabilmente influenzata dalla stima che Dick aveva nei confronti della cultura orientale.


Nonostante questi difetti, il romanzo è decisamente consigliato. Dick ha fatto i suoi latinucci: studiando e documentandosi sugli eventi storici, è riuscito a creare una trama insolita ma estremamente plausibile, senza costringere il lettore a ricorrere eccessivamente alla "sospensione dell'incredulità".
 
Voto: 7



Quarta di copertina
Le forze dell'Asse hanno vinto la seconda guerra mondiale e l'America è divisa in due parti, l'una asservita al Reich, l'altra ai Giapponesi. Sul resto del mondo incombe una realtà da incubo: il credo della superiorità razziale ariana è dilagato a tal punto da togliere ogni volontà o possibilità di riscatto. L'Africa è ridotta a un deserto, vittima di una soluzione radicale di sterminio, mentre in Europa l'Italia ha preso le briciole e i Nazisti dalle loro rampe di lancio si preparano a inviare razzi su Marte e bombe atomiche sul Giappone. Sulla costa occidentale degli Stati Uniti i Giapponesi sono ossessionati dagli oggetti del folklore e della cultura americana, mentre gli sconfitti sono protagonisti di piccoli e grandi eventi. E l'intera situazione è orchestrata da due libri: il millenario I Ching, l'oracolo della saggezza cinese, e il best-seller del momento, vietato in tutti i paesi del Reich, un testo secondo il quale l'Asse sarebbe stato sconfitto dagli Alleati...

martedì 21 dicembre 2010

Black Sabbath - 1972 - Vol 4



Data di uscita: Settembre 1972
Genere: Hard Rock
Etichetta: Vertigo
Formazione: Ozzy Osbourne (voce), Tony Iommi (chitarra), Geezer Butler (basso), Bill Ward (batteria)
Acquista in formato Compact Disc: Amazon UKAmazon ITibs.it
Acquista in formato Vinile LP: Amazon UK, Amazon ITibs.it
Ascolta gratuitamente su Spotify: Black Sabbath - Vol.4 (1972)

Nel pieno della loro ascesa verso l'Olimpo delle band più importanti e influenti della storia del rock (e della musica in generale), con tre album già pubblicati da inserire nel curriculum (Black Sabbath, Paranoid e Master of Reality), i Black Sabbath tornano in studio per registrare il loro quarto album: Vol 4.


La registrazione di Vol 4 avviene dopo il licenziamento del produttore dei primi tre dischi, Rodger Bain, a seguito di divergenze tra la band e il produttore, che sosteneva che il successo della band fosse più merito suo che del gruppo.


I quattro decidono dunque di autoprodurre il long play (LP), dedicando una quantità di tempo che fino a quel momento, a causa dei frequenti tour dal vivo dovuti al successo sempre maggiore, non era mai stata spesa per la fase di registrazione: sei settimane.


Il risultato è qualitativamente strabiliante. Pur mantenendo lo stile inconfondibile che ha contrassegnato i primi tre dischi, questo album presenta sperimentazioni grandiose, come l'uso di strumenti finora mai utilizzati dalla band come pianoforti o violini, ad esempio nelle tracce "Changes" e "Laguna Sunrise" o pezzi puramente psichedelici, come "FX", registrato in un periodo in cui il campionamento musicale non esisteva, e canzoni di quel tipo andavano registrate in maniera del tutto artigianale.


Il piatto forte di Vol 4, tuttavia, è l'uso di temi forti nei testi. La già citata "Laguna Sunrise" è il risultato delle feste selvagge e psichedeliche a cui tre dei quattro membri del gruppo (Osbourne, Butler e Ward) partecipavano frequentemente a Laguna, in California, nei pressi di Sacramento. "Snowblind", invece, si ispira al piacere che i membri della band provavano nell'uso della cocaina. La leggenda vuole che proprio "Snowblind" dovesse essere anche il titolo dell'album, che fu poi cambiato in Vol 4 a seguito del rifiuto dell'etichetta discografica, che ritenne eccessivo utilizzare un titolo così trasgressivo.


Il pezzo migliore del disco, almeno secondo il sottoscritto, è "Wheels of Confusion", cioè la traccia di apertura del disco stesso. Nonostante la lunghezza "extra" della canzone (otto minuti), non annoia mai, e anzi regala nella parte finale un assolo strumentale da pelle d'oca: due minuti e mezzo di piacere musicale firmato dalla premiata ditta Iommi-Butler-Ward.


Da segnalare, infine, "Changes", che presenta un testo alquanto insolito per la band, in quanto tratta la fine di un rapporto sentimentale; "St. Vitus Dance", influenzata da sonorità folk e blues; "Supernaut" e "Tomorrow's Dream", che mantengono inalterato il sound della band dei primi dischi; "Cornucopia" e "Under the Sun", che invece portano avanti le sonorità doom già sperimentate in passato.


In conclusione, il disco è consigliatissimo: tra i più orecchiabili del periodo con Ozzy Osbourne alla voce, Vol 4 è anche un disco maturo che dubito rivenderete mai al mercatino dell'usato.


Voto: 8