martedì 10 dicembre 2013

Alter Bridge - 2013 - Fortress


Data di uscita: Ottobre 2013
Genere: Hard Rock
Etichetta: Alter Bridge Recording (USA), Roadrunner Records (EU)
Formazione: Myles Kennedy (voce, chitarra ritmica), Mark Tremonti (chitarra solista, cori), Brian Marshall (basso), Scott Phillips (batteria)
Acquista in formato Compact Disc: Amazon UKAmazon ITibs.it
Acquista in formato Vinile LP: Amazon UK, Amazon ITibs.it
Ascolta gratuitamente su Spotify: Alter Bridge - 2013 - Fortress

Un disco ogni tre anni. Precisi come un orologio svizzero gli Alter Bridge ogni tre anni presentano un nuovo lavoro in studio. Questa volta, tuttavia, l'attesa è stata maggiore del solito. Un po' per l'insicurezza riguardo al futuro della band, visto che i Creed (la vecchia band di Tremonti, Marshall e Phillips) si sono riformati, visto che Myles Kennedy è stato a tutti gli effetti il cantante del progetto solista di Slash e come se non bastasse Mark Tremonti ha pubblicato anch'egli un progetto solista. Tutti progetti paralleli che per un po' hanno fatto temere uno scioglimento degli Alter Bridge. Un po' perché bisogna ammettere che il loro disco precedente, AB III, non era stato all'altezza dei primi due dischi in studio pubblicati.

Le attese tuttavia non sono state vane, visto che siamo probabilmente di fronte al miglior album in studio della band. Un full-length che rappresenta la consacrazione definitiva del gruppo, classificandolo ormai nettamente come uno dei migliori gruppi hard rock del mondo, se non addirittura LA migliore band contemporanea in circolazione.

Mark Tremonti duran-
te il concerto di Roma
dell'11 novembre 2013
Mark Tremonti, deus ex machina nonché chitarrista della band, forte dell'ottima esperienza solista di All I Was, scrive canzoni molto più dure e graffianti rispetto al passato. Sia chiaro, il sound estremamente melodico della band è e rimane uno dei trademark più importanti, ma è altrettanto significativo il cambio di stile verso un sound più maturo, più articolato, in cui i riff si fanno più pesanti sfiorando in alcuni passaggi l'heavy metal, come per esempio nella canzone Addicted to Pain.

Anche le tematiche trattate nei testi delle canzoni non si limitano più esclusivamente a temi quotidiani quali l'amore e l'amicizia (comunque presenti in molti pezzi), ma spaziano dall'ecologia alla saggezza dei più anziani fino addirittura all'astronomia e alla fantascienza, come nel caso di Farther Than the Sun.
Anche le ballad, che in passato hanno reso la band celebre con pezzi come Open Your Eyes, Broken Wings, Watch Over You oppure Ghost of Days Gone By, sono del tutto assenti con la sola eccezione di All Ends Well.

Myles Kennedy duran-
te il concerto di Roma
dell'11 novembre 2013
La voce di Myles Kennedy in questo disco è ancora più strepitosa del solito. Non stupisce che Jimmy Page, in uno dei suoi (goffi) tentativi di riformare i Led Zeppelin senza Robert Plant, volesse proprio l'amico Myles per la sua band.
Ha una voce unica e l'ha già dimostrato in passato, ma in questo disco supera se stesso, portandosi a livelli incredibili. La già citata All Ends Well ha delle note vocali altissime da raggiungere, che il cantante di Boston raggiunge con la stessa facilità con cui uno chef di livello mondiale si cucina un uovo al tegamino in casa.
C'è forse da sottolineare un eccessivo uso delle sovraincisioni vocali durante quasi tutta la durata del disco. Niente di fastidioso, può anche darsi che a molte persone piacciano e non siano d'accordo con me nel condannare l'abuso di overdubbing, ma ritengo che un cantante della caratura di Myles Kennedy non ne abbia assolutamente bisogno e che sia superfluo usarne in eccesso.

Da sottolineare anche le parti, spesso sottovalutate, del duo ritmico Brian Marshall/Scott Phillips, che dà sempre un ottimo contributo con le linee di basso sempre impeccabili il primo e con giri di batteria indiavolati il secondo. Specie nei loro spettacoli dal vivo (a uno dei quali ho avuto la fortuna di assistere l'11 novembre 2013 a Roma) il loro suonare quasi a metronomo risulta fondamentale per permettere a Tremonti di liberare i suoi formidabili guitar solos e a Myles di fare pressoché quel che vuole con la sua voce.

In conclusione, è sicuramente uno dei migliori dischi dell'anno 2013, una dimostrazione di forza da parte di una band che molti, troppi, avevano dato per spacciata a causa di un album non troppo convincente e dei tanti progetti paralleli dei suoi membri. La band è invece tornata più forte e più dura di prima, per piantare la bandierina sulla cima e affermarsi tra i migliori gruppi hard rock del mondo.

Voto: 8.5

Vi lascio con l'inquietante video del primo singolo estratto dall'album: la spettacolare e quasi heavy metal Addicted to Pain. Buon ascolto.


domenica 24 novembre 2013

Scorpion Child - 2013 - Scorpion Child



Data di uscita: Luglio 2013
Genere: Hard Rock
Etichetta: Nuclear Blast Entertainment
Formazione: Aryn Jonathan Black (voce), Chris Cowart (chitarra solista, cori), Thomas "The Mole" Frank (chitarra ritmica, cori), Shaun Avants (basso, cori), Shawn Alvear (batteria)
Acquista in formato Compact Disc: Amazon UKAmazon ITibs.it
Acquista in formato Vinile LP: Amazon UK, Amazon ITibs.it
Ascolta gratuitamente su Spotify: Scorpion Child - 2013 - Scorpion Child

Che esista oggi un fenomeno retro-rock, ovvero un ritrovato interesse per lo stile musicale degli anni Sessanta o Settanta, è innegabile. Che la Nuclear Blast Entertainment sia sempre interessatissima ai trend del mondo della musica hard rock ed heavy metal è anche questo indiscutibile, così come il loro fiuto per le giovani promesse del genere.

Eppure i texani Scorpion Child, con questo loro dinamitardo album di debutto eponimo, dimostrano di non essere la solita band retro-rock che incide musica identica a quella del loro gruppo preferito della decade d'oro dell'hard rock, non si tratta del solito gruppo che sfrutta una moda per ricavarne successo effimero. Gli Scorpion Child sono una band eccezionale, capace di imparare la lezione dei maestri del passato per creare un sound unico, ma allo stesso tempo old-school.

Da sinistra a destra:  Thomas "The Mole" Frank (chitarra ritmica),
Aryn Jonathan Black (voce), Chris Cowart (chitarra solista),
Shawn Alvear (batteria), Shaun Avants (basso) 
La voce del cantante Aryn Jonathan Black è davvero sublime: a tratti rauca, a tratti pulita, a tratti grave e a tratti acuta, capace di adattarsi perfettamente a ogni tipo di canzone scritta dalla band. Un concentrato di energia vocale che non poche persone hanno accostato a quella del cantante hard rock per antonomasia: Robert Plant, con cui il ragazzo condivide grossomodo timbro ed estensione vocale. Le due chitarre di Cowart e Frank sono anch'esse piene di energia, ma allo stesso tempo sono dotate di tecnica sopraffine e producono riff devastanti a profusione, in puro stile anni Settanta. Le linee di basso di Avants per lunghi tratti seguono l'andamento della chitarra, salvo poi occasionalmente uscire dai ranghi e regalarci dei momenti assolutamente entusiasmanti. Infine, la presenza di un grandissimo batterista garantisce ritmi imbufaliti e momenti di calma gestiti con estrema confidenza, regalandoci anche momenti esaltanti con cambi di tempo e rullate potentissime, come ad esempio nella traccia In the Arms of Ecstasy.


Il disco apre con la traccia on the road, che molto deve alla tradizione "zeppeliana" e a quella dei Deep Purple, Kings Highway. Ottima apertura del disco, in cui il cantante Black ci mostra subito nei primi secondi cosa è capace di fare, prima di partire con una canzone eccellente, in cui il blues delle strofe contrasta sapientemente con l'esplosione e la "tensione" del ritornello. Segue poi l'ermetica ma esplosiva Polygon of Eyes, da sparare attraverso le casse a volume molesto, in cui la tradizione va momentaneamente a farsi friggere, in favore di una traccia quasi heavy metal in cui di nuovo Black tira fuori dalle corde vocali tutto quel che ha. The Secret Spot si assesta sullo stesso stile musicale di Kings Highway, anche se stavolta i testi parlano di una storia d'amore. Si prosegue con Salvation Slave, che poco aggiunge al sound introdotto nelle prime tre tracce, per arrivare al pezzo forte di tutto il disco, Liquor (di cui trovate un video alla fine di questa recensione), canzone che parla della sofferenza dovuta alla lontananza dalla persona amata, affogata in un alcol che allontana contemporaneamente altre persone amate, gli amici:

I've been aching, lately, baby, 
To see you again
An lose another friend
Over drinking, baby
I'm thinking I'll be with you again

La seconda parte del disco si apre con Antioch, un invito a lottare per tenere il proprio sogno nel cassetto in vita, canzone in cui si rallenta un po' di ritmo e si respira dopo le prime cinque canzoni, salvo poi ripartire subito dopo a mille con In the Arms of Ecstasy, caratterizzata da frequenti cambi di tempo in cui l'abilità del batterista Alvear e del bassista Avants sono esaltate al massimo, e Paradigm, anche questa in linea con quello che ormai abbiamo capito essere il loro sound tipico.
L'ultima traccia originale dell'album è Red Blood (The River Flows), secondo me forse l'unica vera traccia debole dell'intero disco, che vorrebbe chiudere con un lento un album finora adrenalinico, ma che finisce un po' per annoiare, complici anche i quattro minuti di grilli successivi alla conclusione della canzone, che portano a un pezzo acustico nascosto registrato a volume molto più basso rispetto al resto dell'album.
Chiude l'album una cover dei Lucifer's Friend, altra fonte d'ispirazione per il sound della band, ovvero Keep Going, che mostra l'aggiunta di una tastiera (anche se nei credits del disco non è indicato chi l'abbia suonata), che esula un po' dallo stile del gruppo, ma è suonata talmente bene che possiamo sorvolare su questo.

In conclusione, un esordio davvero convincente da parte di questa band del Texas. Un sound sì old-school, ma all'interno di un progetto musicale volto prima di tutto a dare un'identità al gruppo e non a fare la cover band. Se siete amanti del rock classico, volete scoprire un nuovo gruppo e potete permettervi un solo disco di una band esordiente, vi consiglio caldamente di comprarvi questo, non vi deluderà.

Voto: 8

domenica 5 maggio 2013

Chi salverà la musica



La musica vive sicuramente un momento particolare, soffrendo sia di una crisi sua personale che dura da più di un decennio, sia della crisi mondiale che attanaglia l'economia globale.

I motivi di questa crisi sono fondamentalmente tre, tutti indubbiamente legati tra loro:
  1. La pirateria.
  2. La palese mancanza di idee e di fantasia nella musica di oggi.
  3. Il fatto che la musica non si è evoluta verso supporti in alta definizione, come ha fatto l'home video con l'avvento del Blu-Ray Disc.
A sentire le case discografiche, i punti 2 e 3 non esistono, la colpa è di un fattore unico, gli mp3 illegali. Ma staranno veramente così le cose?

Il formato mp3 nasce nella seconda metà degli anni Novanta come un formato musicale di piccole dimensioni, quando i personal computer stavano avendo una diffusione planetaria, a causa del loro costo abbordabile per cui quasi tutte le famiglie potevano permettersene uno. Fu una vera rivoluzione, la diffusione del formato fu fulminea e globale, in quanto contemporaneamente vennero rilasciati software in grado di far creare all'utente playlist personalizzate, in cui la sequenza dei brani era scelta dall'utente stesso e non dal produttore, e a differenza delle musicassette si poteva saltare da un brano all'altro senza dover tener premuto il tasto "Avanti". Questo finché non arrivò Napster.

Rilasciato nell'estate 1999, Napster era un programma di file-sharing, il cui software fungeva da motore di ricerca per accedere ai file mp3 contenuti nei PC degli altri utenti. Cominciò ufficialmente l'era della pirateria per la musica.
Innumerevoli le battaglie sostenute sia dalle case discografiche che dai gruppi musicali (storica fu la diatriba con i Metallica) e, dopo due anni di polemiche, lo Stato Americano riuscì a far chiudere il servizio per ripetuta violazione del copyright. Ma era troppo tardi, il danno era ormai stato fatto.
A seguito della chiusura di Napster, gli utenti erano talmente abituati a rimediare gratuitamente le canzoni desiderate da far salire la domanda per un servizio che sostituisse Napster. E così è stato, visto che negli anni immediatamente successivi nacquero innumerevoli software e sempre nuovi protocolli creati con lo scopo di condividere contenuti illegali.

Le case discografiche, sia per l'utilizzo proprio di programmi di file sharing , che per il fatto che le nuove generazioni si sono abituate a non pagare per avere la musica desiderata, hanno subito un colpo tremendo, che le ha portate alla situazione critica attuale.

Come ho detto in precedenza però, la colpa non è esclusivamente della pirateria. Innanzitutto le case discografiche si sono attrezzate troppo tardi per distribuire mp3 a pagamento, quando ormai la diffusione del materiale illegale era fuori controllo. Quando poi hanno avviato la vendita di mp3 legali, politiche restrittive che in molti hanno criticato (tra cui anche Steve Jobs) hanno impedito la vendita di massa di tale prodotto. In pratica un mp3 acquistato su iTunes poteva essere ascoltato solo dagli iPod, mentre se acquistato altrove poteva essere ascoltato solo con un lettore proprietario (i famigerati protocolli DNR). Questa fu la richiesta delle case discografiche.
Viene da sé che di mp3 se ne vendevano pochi. Perché devo acquistare il lettore della Apple per acquistare mp3 su iTunes, se altrove trovo un prodotto migliore, gratuito e sprovvisto di DNR?

La risposta delle case discografiche fu quella di dire "vendiamo pochissimi mp3, quindi dobbiamo vendere musica semplice e orecchiabile, per ascoltatori pigri". Non esplicitamente, ma di fatto dal 2007 in poi la qualità media della musica è scesa notevolmente: non si sperimenta più sui generi, non si investe più sulle giovani promesse se non sono affari sicuri, prodotti da reality o bei faccini messi su un palco per far innamorare le ragazzine dalla spesa online facile. Al massimo, si consente alle vecchie glorie di continuare a lavorare per i fan, con risultati a mio avviso spesso disastrosi. Ma di questo parlerò in un futuro intervento.
Oggi i DNR sugli mp3 non esistono più, ma - di nuovo - il danno è stato già fatto.

Oggi forse la soluzione al problema è stata trovata.

L'arrivo di Spotify rappresenta una vera, nuova, rivoluzione per il mondo della musica digitale. Spotify è un servizio online che permette di ascoltare gratuitamente e legalmente (solo se connessi ad Internet) fino a 10 ore di musica mensili, intervallate da uno spot pubblicitario di 30 secondi ogni 5-6 canzoni ascoltate. Spotify fornisce anche una tariffa di 5 € mensili per togliere la pubblicità e il limite di 10 ore al mese e una tariffa di 9 € al mese per poter scaricare sul computer le canzoni preferite.
Qualcuno ha finalmente capito che il proibizionismo non è la soluzione: le persone si sono abituate per quasi quindici anni a non pagare la musica. Cosa li spingerebbe a cambiare abitudine di vita di punto in bianco? Chiudendo servizi illegali? Ne spunterebbero altri. Bussando casa per casa a controllare la legalità degli mp3 detenuti? Impossibile.
Meglio fornire un servizio minimo gratuito e un servizio completo a pagamento, in maniera simile all'abbonamento mensile delle piattaforme televisive digitali. Una vera rivoluzione, appunto, qualcosa che non era mai stata fatta, e che a mio avviso salverà la musica dal tracollo totale.

Esiste poi tutta una categoria di romantici fruitori della musica, alla quale il sottoscritto appartiene, che non ha mai abbandonato i supporti fisici e il collezionismo. Quelli che continuano a comprare CD, quelli che si riempiono casa di dischi perché si sentono in difficoltà a comprare qualcosa che non possono tenere tra le mani. Non temete, neanche questa categoria è stata risparmiata dalle follie delle case discografiche.

Infatti, un altro errore cosmico delle case discografiche è stato non puntare su un formato ad alta definizione sonoro, superiore al compact disc, come quello che sta risollevando il mondo cinematografico home video: il Blu-Ray.

Un paio di tentativi di sorpassare il CD fu fatto a inizio millennio con il Super Audio CD, formato infinitamente superiore al semplice CD, che poteva supportare audio Dolby 5.1, una gamma di frequenze più ampia e una frequenza di campionamento 64 volte più alta. Contemporaneamente fu sviluppato un formato che sfruttava il supporto DVD per ottenere tracce audio fino a 10 volte migliori (il DVD-Audio), che aveva anch'esso la possibilità di ascoltare la musica mediante un impianto Dolby 5.1.
Entrambi i formati naufragarono. Non per l'elevato costo del prodotto (che pure era più costoso del CD), non per la diffusione degli mp3 illegali, ma perché le case discografiche pretesero dai produttori di questi nuovi formati che non potessero essere letti da un computer, ma solamente da uno stereo. Quando furono lanciati questi nuovi prodotti, le vendite furono disastrose: non potendo essere letti né dai computer né dai vecchi stereo con lettore CD, l'unico modo di   ascoltare questi nuovi supporti era di comprare un nuovo impianto hi-fi. Indubbiamente una spesa che difficilmente uno decide di intraprendere su due piedi.

E così si tornò al CD, al caro vecchio CD. Un formato vecchio di trent'anni, facilmente piratabile e con una confezione per niente invitante per i collezionisti. E nonostante di formati audio ad alta definizione ce ne siano almeno due (Dolby True HD e DTS-HD), regolarmente usati per l'audio dei film nei blu-ray, di portare l'HD nella musica non se ne parla. Né se ne parlerà mai, sia per l'esperienza passata dei SACD e dei DVD-Audio, sia perché la domanda per supporti fisici HD - in soldoni - non c'è.

Noi vecchi romantici della musica dobbiamo quindi arrenderci all'estinzione? In futuro la musica sarà solo digitale?
Forse. O forse no. Negli ultimi anni sta rifiorendo uno storico formato, il VINILE. I più giovani di voi forse neanche sapranno di cosa stia parlando, quindi è doveroso introdurre il veterano della musica, il formato principe con cui la musica è stata venduta per quasi ottant'anni.

Il disco in vinile (o LP, che sta per long play) è un formato analogico. Si tratta di un disco (di vinile, appunto) che veniva posizionato su un piatto giradischi. Sopra al disco veniva applicata una leva alla quale era a sua volta applicata una puntina all'estremità. La puntina entrava nelle scanalature del vinile dove era incisa (eh già, l'espressione "incidere un disco" viene proprio da lì) la musica. Le vibrazioni sulla puntina generavano la musica che veniva trasferita a un amplificatore che a sua volta faceva suonare in tutta la sua potenza la musica nelle casse. Un formato inferiore per resa, ma infinitamente più romantico, grazie al caldo rumore della puntina che accompagnava la musica. Inoltre, la confezione del vinile era notevolmente migliore di quella del CD. Mentre la copertina di un CD ha dimensioni 12cm x 12cm, quella del vinile ha una dimensione di circa 30cm x 30cm, molto più bello ed elegante.

Quando il CD entrò in produzione, negli anni Ottanta, il vinile lentamente andò in pensione, lasciando il campo al suo successore digitale.

Negli ultimi anni, tuttavia, gli appassionati di musica, stanchi di dover assecondare la loro passione con un formato obsoleto e poco attraente nel suo lato feticcio, hanno cominciato ad intasare le bancarelle dell'usato e hanno cominciato a comperare vecchi dischi in LP. Le case discografiche se ne sono accorte e - forse per la prima volta in vent'anni - hanno fiutato l'affare e ricominciato a incidere vinili.
Il risultato in termini di vendite è stato incredibile, le vendite aumentano ogni anno del 30% e sempre più dischi in vinile, sia nuove uscite che grandi classici (come per esempio Dark Side of the Moon dei Pink Floyd o Mothership e The Song Remains the Same dei Led Zeppelin), vengono rilasciati e regolarmente acquistati dagli appassionati, costituiti sia da vecchi nostalgici che da giovani che, pur di sfruttare questo nuovo vecchio sistema di fruire la musica, stanno acquistando impianti ad alta fedeltà (Hi-Fi).

Ecco, il futuro della musica, almeno nel suo supporto fisico è quello. Nessun supporto fisico riuscirà mai a soppiantare del tutto la musica digitale online, per questo il vinile è quasi sicuramente un supporto che crescerà fino al punto di pensionare chi l'ha pensionato, il CD.
Se poi all'interno delle confezioni dei vinili inseriranno anche dei codici per scaricare legalmente l'album acquistato in vinile, la musica probabilmente avrà trovato il modo di sopravvivere.

Insistere sul CD vuol dire uccidere la musica. Ah, quasi dimenticavo. Data la sua natura analogica, piratare un LP vinilico è impossibile. Casa discografica avvisata...

Roberto Serafinelli