La musica vive sicuramente un momento particolare, soffrendo sia di una crisi sua personale che dura da più di un decennio, sia della crisi mondiale che attanaglia l'economia globale.
I motivi di questa crisi sono fondamentalmente tre, tutti indubbiamente legati tra loro:
- La pirateria.
- La palese mancanza di idee e di fantasia nella musica di oggi.
- Il fatto che la musica non si è evoluta verso supporti in alta definizione, come ha fatto l'home video con l'avvento del Blu-Ray Disc.
A sentire le case discografiche, i punti 2 e 3 non esistono, la colpa è di un fattore unico, gli mp3 illegali. Ma staranno veramente così le cose?
Il formato mp3 nasce nella seconda metà degli anni Novanta come un formato musicale di piccole dimensioni, quando i personal computer stavano avendo una diffusione planetaria, a causa del loro costo abbordabile per cui quasi tutte le famiglie potevano permettersene uno. Fu una vera rivoluzione, la diffusione del formato fu fulminea e globale, in quanto contemporaneamente vennero rilasciati software in grado di far creare all'utente playlist personalizzate, in cui la sequenza dei brani era scelta dall'utente stesso e non dal produttore, e a differenza delle musicassette si poteva saltare da un brano all'altro senza dover tener premuto il tasto "Avanti". Questo finché non arrivò
Napster.
Rilasciato nell'estate 1999,
Napster era un programma di
file-sharing, il cui software fungeva da motore di ricerca per accedere ai file mp3 contenuti nei PC degli altri utenti. Cominciò ufficialmente l'era della pirateria per la musica.
Innumerevoli le battaglie sostenute sia dalle case discografiche che dai gruppi musicali (storica fu la diatriba con i Metallica) e, dopo due anni di polemiche, lo Stato Americano riuscì a far chiudere il servizio per ripetuta violazione del copyright. Ma era troppo tardi, il danno era ormai stato fatto.
A seguito della chiusura di
Napster, gli utenti erano talmente abituati a rimediare gratuitamente le canzoni desiderate da far salire la domanda per un servizio che sostituisse
Napster. E così è stato, visto che negli anni immediatamente successivi nacquero innumerevoli software e sempre nuovi protocolli creati con lo scopo di condividere contenuti illegali.
Le case discografiche, sia per l'utilizzo proprio di programmi di
file sharing , che per il fatto che le nuove generazioni si sono abituate a non pagare per avere la musica desiderata, hanno subito un colpo tremendo, che le ha portate alla situazione critica attuale.
Come ho detto in precedenza però, la colpa non è esclusivamente della pirateria. Innanzitutto le case discografiche si sono attrezzate troppo tardi per distribuire mp3 a pagamento, quando ormai la diffusione del materiale illegale era fuori controllo. Quando poi hanno avviato la vendita di mp3 legali, politiche restrittive che in molti hanno criticato (tra cui anche Steve Jobs) hanno impedito la vendita di massa di tale prodotto. In pratica un mp3 acquistato su iTunes poteva essere ascoltato solo dagli iPod, mentre se acquistato altrove poteva essere ascoltato solo con un lettore proprietario (i famigerati
protocolli DNR). Questa fu la richiesta delle case discografiche.
Viene da sé che di mp3 se ne vendevano pochi. Perché devo acquistare il lettore della Apple per acquistare mp3 su iTunes, se altrove trovo un prodotto migliore, gratuito e sprovvisto di DNR?
La risposta delle case discografiche fu quella di dire "vendiamo pochissimi mp3, quindi dobbiamo vendere musica semplice e orecchiabile, per ascoltatori pigri". Non esplicitamente, ma di fatto dal 2007 in poi la qualità media della musica è scesa notevolmente: non si sperimenta più sui generi, non si investe più sulle giovani promesse se non sono affari sicuri, prodotti da reality o bei faccini messi su un palco per far innamorare le ragazzine dalla spesa online facile. Al massimo, si consente alle vecchie glorie di continuare a lavorare per i fan, con risultati a mio avviso spesso disastrosi. Ma di questo parlerò in un futuro intervento.
Oggi i DNR sugli mp3 non esistono più, ma - di nuovo - il danno è stato già fatto.
Oggi forse la soluzione al problema è stata trovata.
L'arrivo di Spotify rappresenta una vera, nuova, rivoluzione per il mondo della musica digitale. Spotify è un servizio online che permette di ascoltare gratuitamente e legalmente (solo se connessi ad Internet) fino a 10 ore di musica mensili, intervallate da uno spot pubblicitario di 30 secondi ogni 5-6 canzoni ascoltate. Spotify fornisce anche una tariffa di 5 € mensili per togliere la pubblicità e il limite di 10 ore al mese e una tariffa di 9 € al mese per poter scaricare sul computer le canzoni preferite.
Qualcuno ha finalmente capito che il proibizionismo non è la soluzione: le persone si sono abituate per quasi quindici anni a non pagare la musica. Cosa li spingerebbe a cambiare abitudine di vita di punto in bianco? Chiudendo servizi illegali? Ne spunterebbero altri. Bussando casa per casa a controllare la legalità degli mp3 detenuti? Impossibile.
Meglio fornire un servizio minimo gratuito e un servizio completo a pagamento, in maniera simile all'abbonamento mensile delle piattaforme televisive digitali. Una vera rivoluzione, appunto, qualcosa che non era mai stata fatta, e che a mio avviso salverà la musica dal tracollo totale.
Esiste poi tutta una categoria di romantici fruitori della musica, alla quale il sottoscritto appartiene, che non ha mai abbandonato i supporti fisici e il collezionismo. Quelli che continuano a comprare CD, quelli che si riempiono casa di dischi perché si sentono in difficoltà a comprare qualcosa che non possono tenere tra le mani. Non temete, neanche questa categoria è stata risparmiata dalle follie delle case discografiche.
Infatti, un altro errore cosmico delle case discografiche è stato non puntare su un formato ad alta definizione sonoro, superiore al compact disc, come quello che sta risollevando il mondo cinematografico home video: il Blu-Ray.
Un paio di tentativi di sorpassare il CD fu fatto a inizio millennio con il
Super Audio CD, formato infinitamente superiore al semplice CD, che poteva supportare audio Dolby 5.1, una gamma di frequenze più ampia e una frequenza di campionamento 64 volte più alta. Contemporaneamente fu sviluppato un formato che sfruttava il supporto DVD per ottenere tracce audio fino a 10 volte migliori (il
DVD-Audio), che aveva anch'esso la possibilità di ascoltare la musica mediante un impianto Dolby 5.1.
Entrambi i formati naufragarono. Non per l'elevato costo del prodotto (che pure era più costoso del CD), non per la diffusione degli mp3 illegali, ma perché le case discografiche pretesero dai produttori di questi nuovi formati che non potessero essere letti da un computer, ma solamente da uno stereo. Quando furono lanciati questi nuovi prodotti, le vendite furono disastrose: non potendo essere letti né dai computer né dai vecchi stereo con lettore CD, l'unico modo di ascoltare questi nuovi supporti era di comprare un nuovo impianto hi-fi. Indubbiamente una spesa che difficilmente uno decide di intraprendere su due piedi.
E così si tornò al CD, al caro vecchio CD. Un formato vecchio di trent'anni, facilmente piratabile e con una confezione per niente invitante per i collezionisti. E nonostante di formati audio ad alta definizione ce ne siano almeno due (
Dolby True HD e
DTS-HD), regolarmente usati per l'audio dei film nei blu-ray, di portare l'HD nella musica non se ne parla. Né se ne parlerà mai, sia per l'esperienza passata dei SACD e dei DVD-Audio, sia perché la domanda per supporti fisici HD - in soldoni - non c'è.
Noi vecchi romantici della musica dobbiamo quindi arrenderci all'estinzione? In futuro la musica sarà solo digitale?
Forse. O forse no. Negli ultimi anni sta rifiorendo uno storico formato, il
VINILE. I più giovani di voi forse neanche sapranno di cosa stia parlando, quindi è doveroso introdurre il veterano della musica, il formato principe con cui la musica è stata venduta per quasi ottant'anni.
Il disco in vinile (o LP, che sta per
long play) è un formato analogico. Si tratta di un disco (di vinile, appunto) che veniva posizionato su un piatto giradischi. Sopra al disco veniva applicata una leva alla quale era a sua volta applicata una puntina all'estremità. La puntina entrava nelle scanalature del vinile dove era incisa (eh già, l'espressione "incidere un disco" viene proprio da lì) la musica. Le vibrazioni sulla puntina generavano la musica che veniva trasferita a un amplificatore che a sua volta faceva suonare in tutta la sua potenza la musica nelle casse. Un formato inferiore per resa, ma infinitamente più romantico, grazie al caldo rumore della puntina che accompagnava la musica. Inoltre, la confezione del vinile era notevolmente migliore di quella del CD. Mentre la copertina di un CD ha dimensioni 12cm x 12cm, quella del vinile ha una dimensione di circa 30cm x 30cm, molto più bello ed elegante.
Quando il CD entrò in produzione, negli anni Ottanta, il vinile lentamente andò in pensione, lasciando il campo al suo successore digitale.
Negli ultimi anni, tuttavia, gli appassionati di musica, stanchi di dover assecondare la loro passione con un formato obsoleto e poco attraente nel suo lato feticcio, hanno cominciato ad intasare le bancarelle dell'usato e hanno cominciato a comperare vecchi dischi in LP. Le case discografiche se ne sono accorte e - forse per la prima volta in vent'anni - hanno fiutato l'affare e ricominciato a incidere vinili.
Il risultato in termini di vendite è stato incredibile, le vendite aumentano ogni anno del 30% e sempre più dischi in vinile, sia nuove uscite che grandi classici (come per esempio
Dark Side of the Moon dei Pink Floyd o
Mothership e
The Song Remains the Same dei Led Zeppelin), vengono rilasciati e regolarmente acquistati dagli appassionati, costituiti sia da vecchi nostalgici che da giovani che, pur di sfruttare questo nuovo vecchio sistema di fruire la musica, stanno acquistando impianti ad alta fedeltà (Hi-Fi).
Ecco, il futuro della musica, almeno nel suo supporto fisico è quello. Nessun supporto fisico riuscirà mai a soppiantare del tutto la musica digitale online, per questo il vinile è quasi sicuramente un supporto che crescerà fino al punto di pensionare chi l'ha pensionato, il CD.
Se poi all'interno delle confezioni dei vinili inseriranno anche dei codici per scaricare legalmente l'album acquistato in vinile, la musica probabilmente avrà trovato il modo di sopravvivere.
Insistere sul CD vuol dire uccidere la musica. Ah, quasi dimenticavo. Data la sua natura analogica, piratare un LP vinilico è impossibile. Casa discografica avvisata...
Roberto Serafinelli